Un figlio che non arriva: come percorrere la strada migliore per ogni coppia

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Oggi è la giornata internazionale della felicità. Di seguito i consigli della psicologa Valentina Berruti per cercare di trovare la propria felicità anche nelle fasi difficili della ricerca di un figlio

Quando un figlio tarda ad arrivare in maniera naturale, la coppia è chiamata a rivedere i propri obiettivi e a decidere cosa fare per aumentare le probabilità di realizzare il progetto genitoriale.

Non è un percorso semplice, come spiega la psicologa del centro B-Woman Valentina Berruti. “Dalla fase della diagnosi d’infertilità, alla scelta di come affrontare tale problematica – evidenzia – passa un tempo costellato da rabbia, angoscia e delusione, che può minare profondamente l’equilibrio della coppia. Allora cosa fare quando ci rendiamo conto che il desiderio di un figlio che non arriva ci rende “infelici”? Per prima cosa dobbiamo sottolineare che la felicità è un concetto astratto, praticamente impossibile da definire. Eppure, prendendo in prestito la definizione di Aristotele, è qualcosa che dipende da noi. È quindi nostra responsabilità comprendere cosa vogliamo fare di un evento imprevisto che ci spinge a rivedere i nostri piani e a trovare delle soluzioni alternative, per soddisfare, o meno, il nostro desiderio di genitorialità. Le possibilità possono essere molteplici: si può decidere di continuare a cercare una gravidanza senza aiuti, si può pensare di affidarsi alla scienza attraverso la procreazione medicalmente assistita (PMA), si può scegliere di passare direttamente all’adozione. Infine si può anche accettare di non avere figli. Non esiste una scelta migliore di un’altra. Ogni coppia deve trovare il proprio modo per affrontare questa esperienza. Tuttavia il primo passo da fare è comprendere dove si inserisce questo progetto. Se il figlio è un bisogno, più che un desiderio, è necessario fermarsi un secondo, perché i figli non devono nascere per riempire un vuoto, ma devono essere accolti in un pieno, in cui la coppia ha già trovato una forma di realizzazione personale e coniugale. Non sarà mai un figlio a renderci felici, se per primi noi non ci adopereremo a stare bene con noi stessi. Ecco allora che scoprirsi infertili può essere un’occasione  per conoscersi in maniera ancora più approfondita. Per far sì che la coppia trovi nuovi modi di prendersi cura l’uno dell’altro. Ad esempio, la scelta della procreazione medicalmente assistita è una grande opportunità offerta dalla scienza, ma non dà certezze e non è per tutti. Tuttavia coloro che la scelgono, possono decidere di affrontarla in maniera vantaggiosa, indipendentemente dal risultato, per gli strumenti che la difficoltà del percorso ci costringe ad acquisire, e che possono rivelarsi utilissimi in altri momenti della nostra vita. L’infertilità, inoltre, pur creando una vera e propria crisi evolutiva, può darci informazioni importanti sull’equilibrio degli aspiranti genitori. La coppia infatti per evolvere, ha bisogno di rilanciare continuamente il proprio patto coniugale. Per questo motivo è proprio nel percorso della ricerca di un figlio che è fondamentale crearsi nuovi progetti e nuove passioni, che saranno il carburante per affrontare le sfide richieste a chi non riesce ad avere figli naturalmente. Una diagnosi così dolorosa, può allora essere il pretesto per riorganizzarsi in configurazioni familiari meno rigide. Troppo spesso, però, in stanza di terapia incontro coppie che hanno perso di vista se stesse all’interno di un bisogno totalizzante, che non lascia spazio ad altro, e che diventa l’unica ragione di vita per una coppia ormai in crisi. Tuttavia l’infelicità che ne deriva può farci da monito e spingerci a trovare altri modi di stare insieme. L’infelicità che si sperimenta quando si scopre di essere infertili, può allora essere accolta come una sorta di alleata preziosa, che ci aiuta a trovare nuovi modi per essere felici. Si può quindi trasformare l’infelicità causata dalla diagnosi d’infertilità? Si, l’infertilità è una prova, un evento inaspettato della nostra vita, ma siamo noi a decidere cosa farne. Un’esperienza così complessa può quindi essere affrontata in maniera generativa, feconda, anche se il termine “infertilità” potrebbe farci credere il contrario. La tristezza che ne deriva può allora essere la spinta a cambiare i nostri piani. Per ritrovarsi in altre esperienze, che mai avremmo pensato di vivere, ma che ci rendono persone migliori. Ovviamente arrivare a tutto questo non è un cammino semplice. In alcuni casi è necessario un percorso psicoterapeutico individuale e/o di coppia. Altre volte ci si riesce da soli. Si può quindi pensare di tornare ad essere felici a seguito di una diagnosi d’infertilità? Assolutamente sì, ma dipende da come si decide di gestirla. Addirittura si può scoprire che proprio quell’esperienza era necessaria per diventare dei genitori più consapevoli. Per essere maggiormente pronti ad affrontare la bellezza, ma anche la difficoltà insita nel ruolo genitoriale. Per tutti questi motivi, seppur l’infertilità ci possa sembrare la cosa più ingiusta che ci sia capitata, può in realtà rivelarsi utile. Siamo solo noi stessi a poter decidere quanto possiamo, e vogliamo, impegnarci nel definire i contorni dei nuovi modi di essere famiglia, stabilendo nuove passioni che ci rendano vivi e soddisfatti di noi stessi, anche in un’esperienza che vorrebbe farci credere il contrario. Affrontare questo evento in maniera generativa potrebbe essere allora la soluzione, perché la generatività è un’energia contagiosa, che si diffonde in molti campi della nostra vita e che magari potrebbe indicarci la strada per raggiungere, anche se in maniera alternativa, il sogno di diventare genitori, avvicinandoci addirittura ad una strada completamente diversa, ma che nasconde un altro modo di prendersi cura di noi stessi e di essere, così, “felici””.


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