Il peso corporeo di una donna che si sottopone a un ciclo di procreazione medicalmente assistita influenza l’esito di questa procedura. Lo dimostra un nuovo studio pubblicato sulla rivista “Fertility and Sterility”
Il peso corporeo di una donna che si sottopone a un ciclo di procreazione medicalmente assistita influenza l’esito di questa procedura. Lo dimostra un nuovo studio pubblicato sulla rivista “Fertility and Sterility”
Su Tg2 Medicina 33 un interessante servizio sulla situazione della Pma legata all’emergenza Covid-19, con un’intervista alla nostra psicoterapeuta Valentina Berruti, che spiega come le coppie che affrontano la procreazione medicalmente assistita, in questo momento, possano essere prese da ansia e preoccupazioni.
Cosa significa fallimento dell’impianto embrionario? Quali e quante sono le coppie che rientrano realmente in questa casistica?
Si tratta di un disturbo sia fisico che emotivo che può presentarsi nella donna in qualsiasi fase della vita e che provoca, durante i rapporti sessuali, dolore e spasmi che rendono la penetrazione dolorosa, difficile, a volte impossibile. Ma le occasioni in cui il vaginismo provoca dolore possono essere anche altre, ad esempio anche durante l’inserimento di tamponi o nel corso di esami ginecologici.
Il microbiota intestinale, meglio conosciuto come flora intestinale, è l’insieme di tutti i microorganismi che popolano il nostro intestino (batteri, archeobatteri, virus e funghi) che, quando vivono in equilibrio tra loro, ossia in eubiosi, svolgono funzioni fondamentali per il mantenimento della nostra salute sia fisica che psichica, tanto da essere rinominato “secondo cervello”.
Il microbiota intestinale ha un ruolo chiave per il mantenimento del benessere psicofisico di un individuo. E’ stato dimostrato che l’intestino e il cervello s’influenzano reciprocamente, sia in senso positivo ma anche in senso negativo. Infatti, questi microorganismi non sono semplicemente deputati a “digerire” il cibo che ingeriamo, si tratta di cellule che sono in grado di trasmettere veri e propri segnali tra loro, esattamente come i neuroni, e di comunicare costantemente con quest’ultimi attraverso l’asse intestino-cervello. Ecco il motivo per il quale quando siamo nervosi o sotto stress la prima cosa che ne risente è la nostra pancia e viceversa, appena non stiamo bene con la pancia ne risente subito il nostro umore!
Il microbiota può essere danneggiato qualitativamente e/o quantitativamente, condizione nota con il nome di disbiosi intestinale, da vari fattori tra cui:
E’ stato dimostrato che alterazioni del microbiota, che prendono il nome di disbiosi, hanno un ruolo in disturbi di tipo endocrino e metabolico come la vaginosi batterica, la sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), l’iperplasia endometriale, l’endometriosi, e in diverse patologie come l’obesità e diabete.
Per riportare il nostro microambiente intestinale ad uno stato di eubiosi possiamo farlo impiegano probiotici e /o probiotici.
I probiotici sono veri e propri microrganismi viventi e attivi in grado di rafforzare e riportare ad una condizione di eubiosi il microambiente intestinale.
I prebiotici, invece, sono sostanze contenute in alcuni cibi che promuovono la crescita della microflora batterica nel colon, si tratta dunque di sostanze di cui si alimentano i microrganismi.
Probiotici: i probiotici derivano principalmente da cibi fermentati es. yogurt (intero!), kefir possibilmente fatti in casa, tè kombucha, crauti
Prebiotici: i prebiotici derivano soprattutto dalle fibre vegetali come l’inulina, es. Farina di frumento, banane, miele, germe di grano, aglio, cipolla, fagioli, porri, tarassaco
A.M. Goldstein, R.M.W. Hofstrab, A.J. Burns. Building a brain in the gut: development of the enteric nervous system. Clin Genet, vol.83(4), pp. 307–316, 2013
D.A. Drossman, M. Camilleri, E.A. Mayer, W.E. Whitehead. AGA Technical Review on Irritable Bowel Syndrome. Gastroenterology, vol.123, pp. 2108-31, 2002
López-Moreno and M. Aguilera Probiotics Dietary Supplementation for Modulating Endocrine and Fertility Microbiota Dysbiosis. Nutrients 2020, 12, 757; doi:10.3390/nu12030757
Dal metodo Ferber a quello Estivill dagli anni ’70 in poi abbiamo assistito ad una filosofia incentrata sulla necessità di abituare i bambini già a tre mesi e a volte anche prima, a dormire da soli promuovendone in questo modo l’autonomia e l’indipendenza.
Negli ultimi dieci anni si è invece creata un’inversione di rotta a favore della condivisione del letto con i propri bambini.
– aiuta i bambini a regolare la frequenza cardiaca e respiratoria, la temperatura corporea, la digestione ed il tasso di crescita; favorisce l’allattamento e di conseguenza aumentando l’ossitocina, aumenterebbe anche lo stato di calma e rilassatezza sia nelle mamme che nei bambini (McKenna, 2005);
– aumenta la quantità di sonno totale nelle mamme e anche se i risvegli sono più frequenti, sono di minor durata rispetto a chi deve alzarsi per andare in camera dal bambino (McKenna,2006);
– riduce nel bambini la produzione del cortisolo, ormone dello stress (Sunderland,2006);
– non crea effetti collaterali nei bambini. A cinque anni, il loro sviluppo cognitivo e comportamentale è equiparabile a quello dei bambini che hanno sempre dormito da soli, cosi come la loro capacità di autonomia (Hale,2011);
– aumenta il rischio di SIDS solo in casi in cui le madri siano fumatrici, sottoposte a terapia sedativa, abbiano problemi di obesità, o se dormono insieme con il bambino sul divano o in poltrona.
Per ridurre ulteriormente questo rischio, l’associazione pediatrica americana raccomanda comunque per almeno i primi sei mesi, la condivisione del bambino nella stessa stanza dei genitori e non nello stesso letto (AAP, 2016
A prescindere da quanto suggerito dalla letteratura, è importante che ogni famiglia scelga in maniera spontanea ciò che reputa più giusto fare e questo a seconda dei propri bisogni, delle proprie esigenze, del proprio stile di accudimento e del momento che sta attraversando.
Non esiste una regola universale e spesso fornire e seguire schemi fissi in modo rigido si rivela controproducente
“Fa che il Cibo sia la tua Medicina e che la Medicina sia il tuo Cibo” è ciò che diceva Ippocrate circa 2400 anni fa ma mai come ora sembra essere attuale.
Sempre più studi stanno confermando la correlazione tra stile di vita, alimentazione e la probabilità, una volta contratto il virus SARS-COV-II, di sviluppare la patologia correlata COVID-19.
Dunque, esistono dei fattori che possono predisporre un individuo piuttosto che un altro all’insorgenza della patologia correlata COVID-19 e al peggioramento del quadro clinico.
Oltre ad utilizzare misure preventive e protettive nei confronti di questo virus quali:
E’ importante investire nel proprio stato di salute iniziando da:
in quanto svolgono entrambe un ruolo chiave nella risposta immunitaria. Dipende proprio dal tipo di risposta che il nostro organismo mette in atto il tipo di reazione che potremmo avere in caso di infezione da SARS-COV-II.
Un’alimentazione sana ed equilibrata aiuta a:
Fonti:
Per cercare di aiutare i nostri organi a gestire gli eccessi del pranzo di Pasqua e limitare per quanto possibile la lentezza digestiva, cefalea, pesantezza e gonfiore addominale, tipici effetti collaterali dei pranzi delle feste, possiamo mettere in atto piccole ma utili strategie:
Importante non digiunare, perché saltare i pasti porta bruscamente da una condizione di iperglicemia a una di ipoglicemia. E’ molto più utile fare un pasto di “scarico”, ossia optare per una combinazione di alimenti che non affatichi fegato e reni, anzi che li sostenga, li stimoli e nel contempo li dreni, così da farli lavorare al meglio la notte senza dover incorrere in notti insonni da trascorrere con una bottiglia d’acqua sul comodino. Se la notte ci svegliamo perché abbiamo sete è il nostro fegato che ci sta dicendo che è in difficoltà e che ha bisogno di acqua per lavorare per i nostri stravizi! Come possiamo prevenire questo inconveniente?
Associazioni tipo:
Per martedì 14, giornata verde, una giornata in cui ci si limita a mangiare solo verdure crude e cotte e grassi buoni per disintossicarsi dagli stravizi di pasqua e pasquetta, dare sollievo al nostro fegato e normalizzare i livelli di insulina.
Esempio di giornata tipo: |
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Colazione | Pinzimonio e 15 g di frutta secca o semi di zucca |
Spuntino | 10 olive verdi con nocciolo o 15 gr di cioccolato extrafondente >85% o centrifuga solo verdure no frutta es Finocchio-sedano-Zenzero e limone |
Pranzo | Misticanza con foglie di basilico olive o semi misti e verdura amara (es indivia belga o riccia o radicchio) stufato in padella e menta. |
Merenda | 10 olive verdi con nocciolo o 15 gr di cioccolato extrafondente >85% |
Cena | Pinzimonio di finocchio, sedano o mix con 1 avocado condito OL e cicoria ripassata aglio olio e peperoncino |
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L’endometriosi è una patologia benigna che riguarda il 10-15% della popolazione femminile in età riproduttiva e che può essere causa di infertilità. In Italia, le donne con diagnosi conclamata di endometriosi sono almeno 3 milioni, l’incidenza è di 1 dona su 10 affetta.
Il trattamento dell’endometriosi deve essere multidisciplinare.
Sicuramente un’ alimentazione adeguata, evitando alcuni cibi e prediligendone altri, puoi aiutare molto a ridurre lo stato infiammatorio e i dolori ad essa correlati, sia durante il ciclo che durante il periodo dell’ovulazione.
Inoltre, l’ascolto psicologico sembra avere un ruolo chiave per il benessere delle pazienti in quanto questa patologia incide negativamente non solo sugli organi riproduttivi ma anche e soprattutto sulla salute psicofisica delle pazienti, toccando varie sfere dell’equilibrio della donna come quella sessuale, di coppia, d’identità di genere e della maternità.
• Una consulenza gratuita con una delle nostre nutrizioniste per capire quali alimenti prediligere e quali evitare se si è affette da endometriosi
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