Ansia da PMA: 6 consigli utili per affrontarla e gestirla durante tutto il percorso

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Il percorso di Procreazione Medicalmente Assistita, da un punto di vista emotivo, è un percorso molto complesso. Si potrebbe parlare di una montagna russa emotiva, afferma la psicologa e psicoterapeuta del centro B-Woman Federica Faustini.

“È un percorso, prosegue la psicologa, che porta le coppie a vivere intense emozioni spesso difficili da gestire come la rabbia, la frustrazione, la delusione, il dolore o il senso di solitudine. Gli eventuali fallimenti, poi, pongono la coppia nella condizione di fluttuare in un ciclo ripetitivo di speranza e fiducia da una parte e rassegnazione e scoraggiamento dall’altra”.

I diversi livelli di ansia e stress in base alle varie fasi della PMA

“Durante tutto il percorso di PMA, la coppia si trova a gestire vari tipi di ansia e stress a seconda delle varie fasi della fecondazione assistita, spiega la Dr.ssa Faustini. Nei momenti post transfer, per esempio, i livelli di ansia aumentano esponenzialmente fino a raggiungere il massimo livello nel giorno del test di gravidanza. La fase dell’attesa, inoltre, è particolarmente faticosa perché il risultato della procedura avrà delle implicazioni per il futuro benessere della coppia. Non c’è nulla, infatti, che i pazienti possano fare in quel momento per modificare o controllare l’esito e questo genera impotenza e incertezza”.

Come gestire ansia e stress? Ecco 6 consigli utili alla coppia

1. Lavorare sul concetto di accettazione

“È molto importante – continua la psicoterapeuta – lavorare sul concetto di accettazione e cercare di non avere pretese su quel risultato perché non dipende più dal paziente. La coppia a questo punto ha fatto tutto quello che era in suo potere per provare a cambiare la situazione e giunti a questa fase del percorso si può solo accogliere quello che il destino, la vita e la natura hanno riservato. Riuscire a fare questo non significa certo non preoccuparsi perché sarebbe innaturale, significa però cercare di evitare di trascorrere tutto il tempo a pensare al possibile esito, perché non è preoccupandosi che determinati eventi possono essere evitati, non è l’atteggiamento mentale pessimista o ottimista che sia, che può determinare l’esito di una situazione che in quel momento non dipende dal paziente. Il continuo monitorare i propri segnali corporei, magari confrontandoli su internet con quelli di altre donne che hanno avuto esperienze simili, non darà in anticipo le risposte che si cercano anzi, aumenterà l’ansia e l’agitazione”.

2. Prestare attenzione a come la paziente parla a se stessa

“Spesso, sottolinea la Dr.ssa Faustini, non è tanto la situazione in se, quanto il modo in cui viene percepita che determina il modo in cui la paziente si sente.

Ad esempio a volte nel percorso di PMA alcuni pensieri sono rigidi e ripetitivi e generano malessere. Può capitare di convincersi che se il transfer non avrà esito positivo sarà lo stesso con i successivi, o di convincersi che il proprio stato di stanchezza e nervosismo renda impossibile l’impianto oppure di pensare, di fronte ad altre donne in gravidanza, che alla paziente questo non succederà mai. In realtà è bene comprendere che il fatto di trovarsi in questo cammino, in una tappa diversa da quella di altre persone, non significa che non sarà mai raggiunto l’obbiettivo. Magari sarà raggiunto in un momento diverso o magari non sarà mai raggiunto perché verranno fatte scelte differenti ma non è possibile saperlo nel preciso momento in cui la paziente si trova. L’errore più comune è quello di considerare i pensieri come fatti reali, i pensieri non lo sono, sono eventi mentali creati dal soggetto. Per poter superare questo momento può essere utile:

• scrivere: l’atto di scrivere i pensieri permette di renderli meno coinvolgenti e una volta scritti si deve procedere con l’interrogare i pensieri, è necessario chiedersi ad esempio se esiste una parte di quel pensiero sulla quale è possibile dubitare, chiedersi ad esempio se magari si sta saltando alle conclusioni e, se la risposta è affermativa, allora non è possibile considerare quel pensiero come vero ma è necessario osservarlo e lasciarlo andare come se fosse una nuvola passeggera;

• vedere il bicchiere mezzo pieno: modificando cioè il punto di osservazione, valutando le cose positive che sono arrivate dopo l’esperienza dell’infertilità.

3. Pianificare una seconda opzione

“Un altro aspetto che può essere utile per alcune coppie qualche giorno prima di avere il risultato, sempre secondo la Dr.ssa Faustini, è quello di immaginare un piano alternativo da mettere nel cassetto e utilizzare solo in caso di necessità, pensando a quali passi fare nel caso in cui l’esito non fosse positivo.

Alcune coppie ad esempio – prosegue l’esperta – desiderano prendersi una pausa perché si sentono fisicamente ed emotivamente stanche o hanno bisogno di riprendere in mano la propria vita, perché l’infertilità non può rappresentare tutta la vita della coppia. In questo caso, dopo aver parlato con il medico, se ci si rende conto che in tutta l’economia del percorso, prendersi una pausa non pregiudica nulla, allora è bene farlo, perché permette di prendere le distanze dal problema e permette di aprirsi ad uno spazio personale di coppia, facendo si che ci si possa chiedere dove si è rispetto al percorso e come si intende proseguire.

Per alcune coppie, soprattutto quelle che hanno alle spalle numerosi tentativi, può essere utile iniziare a introdurre il concetto di limite e chiedersi fino a che punto si è disponibili ad arrivare con una tecnica o se invece si vuole provare a considerare altre opzioni terapeutiche o prendere informazioni in merito alle altre eventuali possibili modalità di diventare genitori, cercando di capire se una di queste opzioni tocca le corde emotive della coppia. Il concetto di limite alle volte può spaventare perché spesso riporta al tema della perdita e della rinuncia. Invece, sottolinea la psicologa, deve essere interpretato come una forma di protezione che rende libera la coppia di aprirsi anche ad altre possibilità, di pensare a nuovi progetti e immaginare nuovi scenari sui quali costruire il futuro della relazione”.

4. Prendersi cura di se

“La dottoressa declina al femminile questo aspetto perché spesso sono le donne che hanno difficoltà a prendersi cura del proprio progetto genitoriale attraverso l’amore per se stesse. Talvolta sono talmente sommerse dal problema che annullano la loro persona. Se si sovraffolla la mente solo con pensieri relativi al bambino che non arriva – aggiunge la psicoterapeuta – si rischia di creare un vuoto che sarà riempito solo di frustrazione rabbia ansia e stress. Proprio perché esistono delle fasi di questo percorso che rappresentano uno stop dal trattamento, è importante fermarsi, ascoltarsi e chiedersi che cosa può essere utile alla paziente in quel momento. Bisogna capire come si intende riempire questo tempo: si può scegliere un’attività sportiva, un nuovo progetto, si può rispolverare una vecchia passione. L’importante è che serva per permettere di ricentrarsi, perché è solo così che si possono trovare le energie necessarie per affrontare percorsi impegnativi come quello della PMA”.

5. L’importanza delle relazioni sociali e familiari

“Da non sottovalutare le relazioni sociali e familiari, che sono importanti – secondo la Dr.ssa Faustini – per poter star bene. Il problema, durante un percorso di PMA è che spesso le coppie confliggono da una parte con il desiderio di aprirsi agli altri per liberarsi di un peso e dall’altra con il timore di farlo per la paura di non essere capiti. Questo è ben comprensibile – aggiunge la dottoressa – perché raramente, chi non affronta questo tipo di percorso è in grado di capire cosa sta attraversando una coppia infertile. Purtroppo però, più ci si allontana dalle relazioni e più ci si sente soli e più si percepiscono gli altri distanti. Che cosa si può fare allora in questa situazione? Fermo restando il fatto che non esiste una scelta perfetta, sottolinea la psicoterapeuta, ma solo quella più funzionale ai bisogni della coppia in uno specifico momento, la parola che ogni coppia deve tenere bene a mente, quando affronta un percorso di fecondazione assistita è PROTEZIONE.

È importante, ad esempio, cercare di capire quante persone si vorrebbero coinvolgere nel percorso, cercando di bilanciare le proprie esigenze con quelle del partner, perché se l’esito sarà positivo, si avrà voglia di raccontarlo, ma se non dovesse essere così, ci saranno domande, telefonate o messaggi, ai quali magari la coppia non avrà voglia di dover rispondere. Identificare quindi la persona giusta. La persona, cioè, che realmente si vorrebbe avere accanto anche in un momento in cui la coppia si dovesse sentire veramente disperata e soprattutto capire in che modo vorrebbe che stesse loro accanto. Questo è un aspetto molto importante perché spesso le persone vorrebbero stare accanto a chi attraversa una situazione difficile ma non sanno come farlo nella maniera corretta. In questo è importante che sia la coppia a dare le giuste indicazioni. Solo la coppia, infatti, può sapere di cosa può avere bisogno e come desidera che quella persona entri nel percorso”.

6. La centralità della relazione di coppia

“Aspetto molto importante – conclude la Dr.ssa Faustini – è quello relativo alla relazione di coppia. Spesso si sente dire che l’infertilità mette in crisi la coppia. In realtà l’infertilità “è una crisi” di tipo biologico, psicologico, sociale e quindi anche di coppia. Però ci sono coppie che hanno visto fortificarsi la propria relazione durante un percorso di fecondazione assistita. Il problema primario – precisa la dottoressa – è che a volte non ci si capisce perché spesso il modo in cui si affronta il percorso è totalmente diverso tra uomo e donna e questo magari genera incomprensioni e conflitti in un momento in cui invece è molto importante che la coppia sia unita. Frequentemente, ad esempio, la donna si informa, prende appuntamento con il medico, cerca il centro migliore, legge libri, va sui forum, prova l’agopuntura, prova la nutrizione per la fertilità, a fronte di un uomo che fa questo meno o semplicemente non lo fa perché magari preferisce sfogarsi, buttandosi sul lavoro o attraverso lo sport. Già questa dinamica a volte crea risentimento perché la donna percepisce questo atteggiamento dell’uomo come disinteresse nei suoi confronti e nei confronti del progetto generativo, mentre l’uomo percepisce l’atteggiamento della donna come più distaccato e troppo coinvolto nella lotta per la ricerca del bambino. In questa situazione – continua l’esperta – è importante l’accettazione, ovvero non avere pretese affinchè l’altro cambi ma accettare le differenze nel modo in cui si affronta la PMA. Questo perchè non significa che un modo sia migliore di un altro ma solo che esistono modi diversi di affrontare un problema e una sofferenza in comune.

L’ultimo aspetto importante per la “centralità della coppia” – sottolinea la Dr.ssa Faustini – è quello di TROVARE UN FOCUS DIVERSO da quello del concepimento. Cosa non facile da fare ma al contempo fondamentale. L’importante non è cosa fare ma come lo si fa. La coppia insieme – ribadisce la psicologa – può fare qualsiasi cosa: ripristinare vecchie abitudini, programmare un viaggio, investire in un progetto nuovo o può dedicarsi ad una passione comune. A volte si è fisicamente assieme al partner ma mentalmente totalmente assenti. Si rimane assorti in un rimuginio tra pensieri del passato e di come sarebbe dovuta essere la vita secondo i piani prestabiliti o pensieri del futuro. È importante, invece, usare il tempo di coppia sapendo che è un tempo prezioso. E questo perché se poi il bambino arriverà, quel tempo e quello spazio verranno inevitabilmente sottratti da esigenze e bisogni di una terza persona e anche qualora il bambino non dovesse arrivare, quel tempo verrà totalmente impegnato dal tempo della PMA. Quindi, secondo l’esperta, considerando che la coppia ha una dimensione generativa molto potente, è importante che dia sempre vita a qualcosa di nuovo perché è proprio in questa dimensione che si possono trovare le risorse per affrontare la fatica di questi percorsi a volte anche lunghi e complessi emotivamente”.


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