Intolleranza al lattosio: esistono vari livelli?

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L’intolleranza al lattosio si caratterizza per l’incapacità dell’organismo di metabolizzare completamente lo zucchero contenuto nel latte e nei suoi derivati ed è il risultato di una carenza dell’enzima intestinale lattasi, spiega Giulia Verdone dietista del centro B-Woman, specializzata in nutrizione clinica.

L’assunzione di lattosio nei soggetti intolleranti – continua la dietista – non genera una condizione pericolosa come le reazioni di tipo allergico, ma sicuramente induce una risposta negativa che si manifesta attraverso problemi gastrointestinali e non, tra cui gonfiore, crampi addominali, diarrea e cefalee, oltre che contribuire ad aumentare lo stato infiammatorio dell’organismo.

Esistono vari livelli di intolleranza al lattosio?

Ci avete chiesto se esistono vari livelli di intolleranza al lattosio e la risposta – sottolinea la Dr.ssa Verdone – “è sì, esistono e come. Forse più che di livelli dovremmo parlare di diverse forme ed origini di intolleranza al lattosio: primaria, secondaria e congenita”. “Prima di chiarire questo aspetto è bene ricordare – prosegue l’esperta – che il lattosio contenuto nel latte materno è una fonte nutrizionale molto importante per il neonato ed è facilmente digeribile grazie all’enzima lattasi generalmente presente in quantità sufficienti nel lattante”.

Intolleranza primaria o genetica

“In molte popolazioni, durante il processo di crescita ed in età adulta, spiega la dottoressa, è comune che i livelli di lattasi diminuiscano gradualmente e di conseguenza la capacità di digerire il lattosio rendendo quindi intolleranti. In questo caso si parla di intolleranza primaria o genetica poiché alcune mutazioni a carico del DNA hanno evidenziato una correlazione con la mancanza di lattasi nei villi intestinali. Questa forma di intolleranza al lattosio è permanente ma può essere di vari livelli perché dipende dalla quantità di lattasi che l’organismo è ancora in grado di produrre in quel momento”.

Intolleranza secondaria

“L’intolleranza al lattosio può essere anche secondaria e transitoria ad una patologia che colpisce l’intestino come nelle malattie infiammatorie croniche intestinali (Chron, rettocolite ulcerosa) o nella celiachia non controllata, precisa la dietista. C’è da dire che spesso l’intolleranza al lattosio viene confusa con una forte disbiosi intestinale, che provoca difficoltà a digerire il lattosio e malassorbimento. In questo caso non bisogna mai semplicemente eliminare il lattosio, ma riequilibrare il microbiota intestinale con abitudini alimentari corrette ed eventuali terapie probiotiche mirate.

Intolleranza terziaria o congenita

Ben più rara è la terza forma di intolleranza al lattosio, chiamata anche intolleranza congenita. Si tratta di una condizione causata da una mutazione genetica che impedisce completamente la digestione del latte e provoca l’assenza totale di lattasi sin dalla nascita, prima ancora dell’inizio dello svezzamento.

Quali sono i test da effettuare se si sospetta una qualsiasi forma di intolleranza al lattosio?

“Il “breath test” o test del respiro, definito il gold standard, è il metodo di riferimento per misurare la capacità dell’intestino di digerire il lattosio, spiega la Verdone. In pratica si tratta di una fotografia dell’attuale sistema digestivo e può quindi fornire solo una risposta delle capacità dell’organismo di produrre lattasi e di digerire lattosio nel momento della vita in cui l’esame viene effettuato. Un test genetico invece può determinare eventuali mutazioni che predispongono e/o causano l’intolleranza al lattosio primaria o congenita ma può non essere completo”.

“In conclusione, sia il breath test che il test genetico, necessitano della consulenza e dell’interpretazione di uno specialista. Solo mediante questo approccio è possibile conseguire una diagnosi completa dell’intolleranza al lattosio, considerando attentamente sia gli aspetti clinici sia quelli genetici”.

 


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