Dieta chetogenica: Sì o No nei malati oncologici?

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La dieta chetogenica (KD) è un regime dietetico iperlipidico, ipoglucidico e normoproteico che trova le sue origini nel 1920 per trattare le forme di epilessia resistente ai farmaci.

“Lo stato di chetosi indotto dalla carenza di carboidrati nella dieta – afferma Giulia Verdone dietista del centro B-Woman, specializzata in nutrizione in oncologia – obbliga l’organismo al passaggio dal metabolismo glucidico a quello lipidico”.

“Studi recenti riconoscono nella KD un candidato promettente in oncologia sfruttando il metabolismo riprogrammato delle cellule tumorali. Le differenze tra il metabolismo delle cellule sane e cancerogene vengono valutate ed utilizzate nella maggior parte dei trattamenti antitumorali. Secondo alcuni dati della letteratura scientifica – precisa la Dietista – questa strategia nutrizionale avrebbe potenzialmente l’effetto di limitare e rallentare la crescita del tumore, proteggere le cellule sane dai danni indotti dalle terapie ed esercitare un effetto sinergico con i trattamenti in corso rendendoli più efficaci”.

Effetto Warburg

“Il razionale dietro a questa teoria risale quasi a 100 anni fa quando il Premio Nobel Otto H. Warburg osservò una sostanziale differenza nelle vie metaboliche tra le cellule sane e quelle cancerogene. L’effetto Warburg è la teoria secondo la quale le cellule tumorali preferiscono ricavare energia dalla semplice glicolisi rispetto alla normale respirazione cellulare anche in presenza di ossigeno, contrariamente a ciò che accade nelle cellule normali.

In poche parole questo significa che la cellula tumorale utilizza glucosio in elevate quantità per il suo metabolismo energetico. Non solo, grazie al glucosio, lo stato redox della cellula tumorale è più bilanciato ed i livelli di ROS diminuiti prevenendone l’eventuale danno ossidativo attraverso un’aumentata attività della via del pentoso fosfato.

Partendo da queste considerazioni, specifica l’esperta – è ragionevole ipotizzare che affamando l’organismo di glucosio, si crei un ambiente metabolico sfavorevole per la proliferazione e la sopravvivenza delle cellule tumorali, rappresentando un promettente adiuvante nel contesto delle terapie oncologiche”.

“C’è da dire però, precisa la Dr.ssa Verdone, che la maggior parte degli studi condotti non è sull’uomo (circa il 66% degli studi presenti sono stati effettuati sui topi). I dati disponibili sono relativamente pochi e si riferiscono principalmente ad un piccolo numero di pazienti o case report. Inoltre, i regimi chetogenici testati differiscono notevolmente tra di loro e a oggi sarebbe difficile proporre dei protocolli unici che possono poi essere applicati con benefici certi anche in oncologia.

Che “Danno-beneficio” ha la dieta chetogenica sul malato oncologico?

“Diverse forme di tumore, continua la dottoressa, sembrano rispondere in modo diverso alla KD nonostante condividano assetti metabolici simili. Partendo da questo elemento deve essere necessariamente fatta una riflessione sul «danno-beneficio» dell’uso della KD in oncologia. La dieta del malato oncologico non dovrebbe minimamente intaccare la massa muscolare in quanto correlata alla tollerabilità delle terapie ed alla sopravvivenza. Un regime chetogenico fai da te e non impostato con una corretta dose di proteine ed amminoacidi potrebbe generare cali di massa muscolare controproducenti. Inoltre, tra gli effetti collaterali comuni della dieta chetogenica troviamo senso di affaticamento, insonnia, mal di testa, squilibrio elettrolitico, nausea, stitichezza o alterazione dell’alvo in genere”.

Qual è la soluzione ottimale?

“Sebbene i risultati degli studi clinici siano incoraggianti, conclude la Dr.ssa Verdone, bisogna chiedersi se alla luce dei dati disponibili abbia senso sottoporre un paziente oncologico ad un regime alimentare così restrittivo. Un cambiamento drastico delle proprie abitudini alimentari rischia di essere un ulteriore fonte di stress fisico e psicologico in aggiunta ad una condizione emotiva già particolarmente compromessa dalla diagnosi di tumore stesso.

Un percorso di educazione alimentare (includendo da subito il nutrizionista all’interno dei protocolli oncologici) che si basa sui principi della dieta mediterranea, a ridotto indice glicemico, funzionale all’organismo con attenzione all’infiammazione ed al microbiota intestinale risulta essere ancora la scelta dietetica più adeguata”.


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