Come proteggere la coppia durante un percorso PMA?

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Il percorso di Procreazione Medicalmente Assistita, non è semplice da intraprendere per la coppia e spesso è anche tortuoso e può generare ansia in entrambi i partner.


Come fare, dunque a prendersi cura di sé e della relazione di coppia durante questo percorso?

“È una domanda molto comune – spiega Valentina Berruti psicologa e psicoterapeuta del centro B-Woman – tra le coppie che decidono di affrontare un percorso di PMA sia omologa che con donazione di gameti. La prima cosa che mi sento di consigliare è quella di non avere la pretesa che il percorso di PMA sia un percorso che si possa affrontare con serenità. L’infertilità ci pone di fronte a temi molto profondi come la paura della morte e di non lasciare nulla di noi alle generazioni future, quindi non è possibile affrontarlo con tranquillità. L’esperienza dell’infertilità se la vogliamo affrontare in senso evolutivo e prendendocene realmente cura, è una esperienza che richiede di passare per una fase di dolore: è necessario, cioè, elaborare e superare il lutto dell’infertilità. Ogni fase di crescita, infatti, richiede una fase di dolore. La divina commedia, che non è altro che un percorso di crescita psicoterapeutico, inizia con l’inferno non con il purgatorio”.

3 modi per prendersi cura di sé e della relazione di coppia

“Detto questo – prosegue la Dr.ssa Berruti – ci sono dei modi per prendersi cura di sé e della relazione di coppia”.
1.La prima cosa è non pensare al problema dell’infertilità in maniera individualista. Noi purtroppo siamo una generazione fortemente individualista e tendiamo ad affrontare i problemi da soli, anche se riguardano la coppia. L’infertilità è una questione di coppia anche se è un solo membro ad avere la diagnosi. La prima cosa che vi dico è essere una squadra. È cercare di affrontare questo percorso insieme dividendo equamente le fatiche. Le donne in questo devono imparare molto, perchè tendono a monopolizzare la scena a pensare che devono fare tutto loro lasciando a volte i propri compagni soltanto ad osservare”.
2. La seconda cosa è imparare a delegare. La PMA richiede un grosso impegno e non si può pensare di lavorare e di fare le stesse cose come quando prima non c’era questo progetto. Quando si decide di fare un figlio, la coppia deve necessariamente riorganizzarsi e imparare a dare spazio alla PMA e all’eventuale figlio che si farà. Fondamentale è chiedersi: perchè si fa un figlio?”.
3. “In ultimo, ma non meno importante, è fondamentale che la coppia abbia altri progetti, oltre a quello genitoriale. Una coppia non sopravvive con un solo progetto, oltretutto se un figlio fosse l’unico scopo che la tiene unita: in questo caso sta solo costruendo le basi per una separazione più che per una famiglia. Prendersi cura di sè in un percorso di PMA, infatti – aggiunge l’esperta – significa pensare in coppia, significa imparare a capire dove si può e dove non si può arrivare. Significa soprattutto avere il coraggio di fermarsi un secondo a guardare che sta succedendo. Se il progetto genitoriale è l’unico progetto che abbiamo, allora è necessario chiedere aiuto perché non sarà un figlio a renderci felici se noi per primi non abbiamo trovato la nostra realizzazione. Non sarà un figlio a salvare una coppia che pensa in maniera troppo individualista e non ha capito realmente a cosa serve tale progetto”.

2 consigli fondamentali

“Dunque – conclude la Dr.ssa Berruti – due consigli fondamentali per prendersi cura di sè e della relazione di coppia durante una diagnosi d’infertilità sono:
1. evitare di scappare dalla fatica e dal dolore richiesto dal percorso che però può insegnarci molto di noi e molto della coppia che siamo;
2. evitare di entrare nel turbine degli esami medici senza considerare l’aspetto psicologico ed emotivo con il quale prima o poi ci dovremo fare i conti sia se il figlio arriva, sia se il figlio non dovesse arrivare.
E questo perché “prendersi cura” significa vivere il percorso non rimanendo in superfice ma dando un nome e un significato a tutto quello che ci accade. Questo percorso, infatti – che ci mette di fronte al concetto di vita e di morte – può farci crescere molto ma siamo noi che dobbiamo volerlo. Noi abbiamo il potere di rendere le tegole che ci cadono in testa come punti di forza o di grande debolezza”.

 


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