Secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità “l’infertilità è una patologia che si manifesta con assenza di concepimento dopo 12 mesi di rapporti mirati non protetti. Si stima che in Italia le coppie che soffrono di infertilità sono il 15%”. Secondo il Ministero della Salute, in italia 1 coppia su 5 ha difficoltà a concepire naturalmente
Le cause dell’infertilità sia femminile che maschile sono molteplici, possono essere dovute a specifiche patologie dell’uomo e/o della donna, all’età della donna che, purtoppo, con l’avanzare dell’età presenta un fisiologico declino della fertilità, a stili di vita scorretti, disturbi dell’alimentazioneo a fattori ambientali.
Donna:
Uomo:
Mentre nell’uomo il processo di produzione degli spermatozoi è continuo anche se comunque soggetto a graduale peggioramento dei vari parametri quali numero, motilità e morfologia in relazione ad un graduale declino degli ormoni sessuali e a diverse patologie andrologiche, nella donna, l’età gioca un ruolo chiave (Figura 1).
Figura 1. La figura mostra l’andamento della fertilità rispetto all’età di una donna. La fertilità risulta massima intorno ai 20 per poi diminuire gradualmente negli anni fino ad essere prossima allo zero negli anni che precedono la menopausa.
Cimadomo D, Fabozzi G, Vaiarelli A, Ubaldi N, Ubaldi FM, Rienzi L. Impact of Maternal Age on Oocyte and Embryo Competence. Front Endocrinol. 2018.
Perché con il passare del tempo la fertilità diminuisce?
Le motivazioni della diminuzione della fertilità della donna sono principalmente due (Figura 2):
La donna nasce con un numero prestabilito di follicoli, le strutture che contengono gli ovociti, che si formano già quando si trova nel grembo della sua mamma e che, con l’avanzare dell’età, diminuiscono gradualmente senza possibilità di riformarsi
Gli ovociti detengono la maggior parte del potenziale riproduttivo poiché mentre lo spermatozoo contiene solo qualche organello nel suo citoplasma, l’ovocita contiene tutti gli mRNA, proteine e organelli necessari per sostenere le prime fasi dello sviluppo embrionale e far avvenire le prime divisioni cellulari, fino a che non si attiva il genoma dell’embrione (solitamente allo stadio di 4-8 cellule). Purtroppo però, con l’avanzare dell’età, la competenza dell’ovocita diminuisce poiché (Figura 1):
Figura 2. La figura mostra il motivo per il quale, all’avanzare dell’età della donna, diminuisce la probabilità di avere un bambino nato. Con l’avanzare degli anni, nelle donne provoca sia una riduzione della riserva ovarica che della competenza ovocitaria. I principali meccanismi cellulari compromessi dall’invecchiamento all’interno degli ovociti sono: disfunzione mitocondriale, accorciamento dei telomeri, disfunzione delle coesine e instabilità del fuso meiotico.
Cimadomo D, Fabozzi G, Vaiarelli A, Ubaldi N, Ubaldi FM, Rienzi L. Impact of Maternal Age on Oocyte and Embryo Competence. Front Endocrinol. 2018.
Tutto ciò è il motivo per cui all’aumentare dell’età materna si ha generalmente una riduzione del tasso di sviluppo dell’embrione allo stadio di blastocisti, nonché una maggiore probabilità di avere un embrione “aneuploide” (Figura 3), ossia un embrione con un numero errato di cromosomi (trisomie, monosomie), che in alcuni casi non sarà in grado di impiantarsi, in altri casi potrebbe impiantarsi ma dare un aborto entro le 12 settimane (Figura 4), oppure andare avanti per tutti e 9 i mesi come avviene nei casi di bambini con Sindrome di Down (trisomia 21).
Figura 3. La figura mostra la prevalenza delle aneuploidie rispetto all’età della donna, dimostrando il rischio aumentato con l’aumentare dell’età già dopo i 30 anni, incrementando maggiormente dopo i 35 ed in modo ancora più significativo dopo i 40 anni.
Cimadomo D, Fabozzi G, Vaiarelli A, Ubaldi N, Ubaldi FM, Rienzi L. Impact of Maternal Age on Oocyte and Embryo Competence. Front Endocrinol. 2018.
Figura 4. La figura mostra le percentuali di aborto spontaneo rispetto all’età della donna. Al contrario della fertilità, la probabilità di avere un aborto spontaneo è minima intorno ai 20 anni per poi incrementare progressivamente ed in modo significativo dai 35 anni in poi a causa della maggiore incidenza di aneuploidie cromosomiche.
Cimadomo D, Fabozzi G, Vaiarelli A, Ubaldi N, Ubaldi FM, Rienzi L. Impact of Maternal Age on Oocyte and Embryo Competence. Front Endocrinol. 2018.
Un’attività fisica moderata sembra essere correlata a percentuali di gravidanza più alte specialmente in donne sovrappeso, al contrario, un’eccessiva attività fisica sembra essere controproducente. Infatti, le donne che si allenano quotidianamente praticando sport che richiedono particolari sforzi hanno un aumento del rischio di infertilità.
Questo può essere dovuto a molteplici fattori. Innanzitutto, l’eccessiva attività fisica genera una carenza energetica necessaria per il mantenimento della funzionalità ovarica, motivo per cui nella maggior parte dei casi si ha un’interruzione del ciclo mestruale. In secondo luogo si ha un aumento del cortisolo, definito anche ormone dello stress, che potrebbe avere un ruolo nell’eziopatogenesi della sub fertilità agendo sull’asse ipotalamo-ipofisi-surrene.
La caffeina è uno stimolante del sistema nervoso centrale ed è stato dimostrato che il suo consumo può influire sulla salute riproduttiva influenzando i livelli degli ormoni circolanti. Ad esempio, è stato dimostrato da diversi studi che un’eccessiva assunzione di caffeina è correlata a bassi livelli di estrogeni circolanti, un fenomeno che potrebbe essere dovuto al fatto che la caffeina e l’estradiolo sono entrambi metabolizzati dall’enzima epatico CYP1A293,94, ma anche dal fatto che chi consuma maggiormente caffeina presenta aumentati livelli di una proteina che lega gli ormoni sessuali chiamata SHBG (sex hormone buinding protein) che li trasporta in forma inattiva nel circolo sanguigno. Inoltre, è stato riportato da due diversi studi di meta-analisi che un consumo elevato di caffeina preconcepimento è associata a un piccolo ma significativo aumento del rischio di aborto spontaneo.
Diversi studi epidemiologici hanno dimostrato come il fumo abbia un impatto dannoso sulla fertilità delle donne sia nel caso di concepimento spontaneo che mediante fecondazione assistita, evidenziando che nei fumatori l’incidenza dell’infertilità è maggiore e il tempo necessario per il concepimento è aumentato rispetto ai non fumatori .
Inoltre è stato dimostrato che Ii fumo è associato ad un aumento di aborto spontaneo, sia in caso di concepimento spontaneo che assistito, e di gravidanza ectopica.
Il fumo sembra influire negativamente anche sulla recettività endometriale. Infatti, è stato riportato in letteratura che anche nel caso di fecondazione assistita con donazione di ovociti le pazienti fumatrici hanno tassi di gravidanza inferiori rispetto alle non fumatrici e che le donne fumatrici presentano uno spessore dell’endometrio inferiore rispetto alle non fumatrici il giorno del transfer embrionale.
In fine, è stato dimostrato che il fumo può accelerare la perdita della funzione riproduttiva della donna anticipando la menopausa di 1-4 anni.
Che il consumo materno di alcool durante la gravidanza possa avere effetti negativi sul bambino, in particolare sullo sviluppo del cervello, è stato già ampliamente dimostrato. Ma quello che sembra emergere da ultimi studi condotti è che l’assunzione di alcool nel periodo preconcezionale sembra avere un effetto negativo sulla fertilità. L’alcool, infatti, può interferire con il funzionamento delle ghiandole che regolano la produzione degli ormoni sessuali e può causare una riduzione della fertilità sia nell’uomo che nella donna.
Ad esempio, è stato dimostrato che le donne che consumano alcool immediatamente prima dell’inizio (e durante) un trattamento di fecondazione assistita presentano un aumento del rischio di aborto spontaneo e una riduzione della probabilità di rimanere incinta, nonostante un’assunzione di alcool relativamente bassa (in media di 6,1 e 7,1 gr/d, rispettivamente).
Inoltre, è stato osservato che le donne che consumano più di 50 g di alcool alla settimana, presentano livelli di E2 più bassi e minori percentuali di fertilizzazione.
Molti studi dimostrano che sia le donne in sovrappeso (BMI 25–29,9) che le donne sottopeso (BMI<19) hanno un rischio simile di infertilità.
Sempre più studi scientifici dimostrano quanto l’alimentazione possa influire sul tempo necessario al raggiungimento della gravidanza, sia in modo naturale che mediante fecondazione assistita. Per quanto riguarda la fertilità in generale, è stato riportato che l’alimentazione può diminuire il rischio d’infertilità dovuta a problematiche ovulatorie.
È stata dimostrata anche la correlazione tra dieta mediterranea e fertilità, in quanto donne che hanno questo tipo di alimentazione dimostrano di avere meno difficoltà nell’ottenimento di una gravidanza mentre coloro che mangiano più di frequente cibi spazzatura “fast food” e poca frutta e verdura, impiegano mediamente un periodo più lungo più lungo per diventare mamme.
Diversi studi hanno sottolineato il ruolo chiave del pesce per l’ottenimento di una gravidanza, in particolare se contenente grassi polinsaturi ω-3 (42,43). Uno studio ha dimostrato che le coppie in cui entrambi i partner più pesce hanno una fertilità maggiore del 61% e un’incidenza dell’infertilità inferiore del 13% rispetto alle coppie che consumano meno pesce.
Un altro aspetto importante sembra essere rappresentato dall’omeostasi del glucosio e della sensibilità all’insulina. È stato ampliamente dimostrato, infatti, che un eccesso di zuccheri circolanti interferirebbe con la funzione ovarica nelle donne, nello specifico, con la produzione ovarica di androgeni, confermando il loro ruolo degli zuccheri nella patogenesi della sub-fertilità in particolare nelle donne con sindrome dell’ovaio policistico.
Anche l’alimentazione durante un percorso di fecondazione assistita sembra avere un ruolo importante per l’ottenimento di una gravidanza. È stato riportato, infatti, che anche in questo caso una dieta di tipo “Mediterraneo” (verdure e oli vegetali, pesce e legumi, bassa assunzione di snack) prima e durante un percorso di fecondazione assistita è associata ad una maggiore probabilità di gravidanza, correlazione che invece non sembra esserci con una dieta “salutare”, con alimenti poco processati (es. frutta, verdura, legumi, cereali integrali e pesce, bassa assunzione di maionese, snack e carne) ma comunque non di tipo “mediterraneo”, mettendo in luce il ruolo chiave dell’olio extravergine d’oliva, uno degli alimenti cardine della dieta Mediterranea, per la fertilità.
Sempre più studi scientifici dimostrano come la salute di un individuo sia strettamente correlata al suo stile di vita e, in particolare, come fattori ambientali e comportamentali svolgano un ruolo chiave non solo per la prevenzione di numerose malattie ma anche per tutelare la propria salute riproduttiva.