LE NOSTRE STORIE: affrontare un fallimento a seguito di un percorso di fecondazione assistita. Un dolore da elaborare

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4° storia: affrontare un fallimento a seguito di un percorso di fecondazione assistita. Un dolore da elaborare

La storia di Luca e Giulia

Gregorio ha i capelli rossi e gli occhi azzurri, carnagione chiarissima e un sorriso contagioso, a sei anni ha già capito come gira il mondo, caratterialmente è la perfetta sintesi dei miei cugini, forse più del papà. Fisicamente non c’entra nulla con loro perché  è stato adottato. Ogni volta che  lo porto in giro, ogni volta che gioco con lui, lo guardo e mi dico: quanto vorrei considerare un bambino come te la mia alternativa migliore, quanto vorrei che il piano B rientrasse nella mia idea di maternità. Essere cosi coraggiosa da pensare che l’adozione possa essere una valida opzione da tenere in mente mi aiuterebbe, saprei di avere un’alternativa e questo mi conforterebbe, ma non lo è, o almeno non al momento.

Adesso sono troppo concentrata sul piano A, A di attesa, la quarta per l’esattezza.  La quarta volta che percorro  questo corridoio un’ora in anticipo, chiedendomi con quale atteggiamento mentale dovrei andare a ritirare il risultato delle mie beta, se non con quello  della vittima, sperando che qualcuno mi compatisca e faccia girare il mondo nella mia direzione o quello della distaccata che, per orgoglio, in caso di esito negativo non si lascia compatire da nessuno, o quella  di una normale donna di 38 anni che ha trovato l’altra metà della mela forse un po’ tardi, ma che desidera più di ogni cosa avere un figlio.

Seguendo tutte le mie congetture mentali non mi rendo conto che sono già arrivata. Stesse parole, stessa espressione: beta negative, nessun accenno di vita. Dovrei gettarmi nella disperazione  ed effettivamente lo faccio, inizio ad avere paura sul serio, decido di non tornare a casa, perché significherebbe confrontarmi con il dolore, la rabbia, la frustrazione e la quarta delusione.

Mi concedo mezza giornata e cammino, per fortuna è inverno, fa freddo, non incontro mamme trepidanti e buffi cappellini con le orecchie che fuoriescono dai passeggini, ma vedo un paio di coppie e sento una morsa nello stomaco: Luca, dove ho lasciato Luca? Santo Luca, che ogni volta ha sopportato i miei malumori, la mia distanza, gli  attacchi di ira; che ha provato a rincollare  tutti i pezzi della nostra “normalità” spaccata dalle continue interferenze della mia infertilità, dei trattamenti, delle  analisi e degli esiti negativi.

Eccolo il mio piano B.  Non so se è arrivato il momento di prendere decisioni drastiche, non so se è giusto continuare a sperare, ma in entrambi i casi voglio che uno degli unici pilastri della mia vita rimanga tale.

I consigli

Come facilitare l’elaborazione del fallimento. Confrontarsi con il fallimento, magari l’ennesimo, è per molte coppie fonte di sofferenza.

Ecco cosa è possibile fare:

– non giudicarsi: spesso quando un ciclo non raggiunge un esito positivo si tende ad utilizzare il termine fallimento in relazione a se stessi.  Nell’ambito dell’infertilità è fondamentale che la coppia non consideri il fallimento come proprio o come esito negativo dei propri sforzi;

– comprendere i diversi modi di vivere il dolore:  le emozioni negative, quali paura, tristezza, delusione, rabbia, sono tutte legittime ed accoglierle è fondamentale  per poter poi recuperare le forze e decidere come proseguire, non è detto però che la coppia reagisca allo stesso modo. Ognuno è fatto da una sua personalità ed ha un proprio stile per gestire il dolore, è importante avere consapevolezza di questo, perché ci aiuta a capire come interpretazioni sbagliate possano creare i presupposti per un deterioramento del rapporto di coppia;

-prendersi del tempo: è importante concedersi del  tempo per recuperare, liberare l’agenda e trovare un momento per se, per riprendersi e valutare le opzioni;

-essere auto-indulgenti: indipendentemente dal risultato è importante riconoscersi il merito di aver completato un ciclo, con tutti gli alti e bassi emotivi,  l‘impegno fisico e mentale che questo ha comportato sia per la donna che per la coppia. Può essere un buon momento per concedersi tutto quello che non si sarebbe potuto fare qualora l’esito fosse stato positivo;

-concentrarsi su ciò che è andato bene: anche se il risultato finale è negativo, ci saranno probabilmente degli aspetti del ciclo che sono andati bene, è importante concentrarsi il più possibile sui piccoli traguardi raggiunti durante il percorso;

-la paura non è predittiva:  talvolta dopo un risultato scoraggiante, la mente tende a catastrofizzare una situazione, succede spesso che al completamento di un ciclo non andato a buon fine, la donna dica frasi di questo tipo: “ se non rimango incinta adesso, non ci rimarrò mai più”. Ogni volta che arriva un pensiero di questo tipo che crea disagio,  è importante  guardarlo, confutarlo (quali reali evidenze ci sono a favore di questo pensiero? E’ logico? Mi fa bene?) e sostituirlo con uno più realistico e positivo. Avrà un effetto benefico sul proprio stato emotivo


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