“Fame nervosa”? Un rimedio è la Mindful Eating

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Si stima che il 50-60% della popolazione manifesti un qualche comportamento alimentare disfunzionale, rientrando nella categoria di quella che comunemente viene definita “fame nervosa” o “fame emotiva” e che a quattro anni e mezzo dalla conclusione di una dieta, mediamente, le persone mantengono una perdita di soli 3 kg, ovvero il 3,2% della riduzione del peso iniziale. La percentuale di persone che hanno mantenuto la perdita di peso, varia da meno del 3%, se consideriamo il mantenimento del 100% della perdita di peso, al 28%, se consideriamo un mantenimento di meno del 10% della perdita del peso iniziale, dopo 4 anni (Priya Sumithran P., Proietto J., 2013).

Questo avviene, perché siamo abituati a non ascoltare più i segnali del nostro corpo. Accade quindi che utilizziamo il cibo in maniera smodata per reagire alle emozioni spiacevoli, o che  creiamo credenze rigide su determinati tipi di alimenti  (“Non devo pensare al cioccolato”) con la conseguenza di cadere in un tipico circolo vizioso, caratterizzato da restrizione cognitiva e comportamentale rispetto al cibo con conseguente sovra-alimentazione e nuova restrizione.

Con la Mindful Eating riusciamo ad  insegnare ai pazienti:

  • ad osservare i pensieri come eventi mentali;
  • a distinguere tra fame emotiva e fame fisiologica
  • ad essere consapevoli degli stati interni che ci permettono di capire quando fermarci con il cibo senza bisogno di sovra-alimentarci

Da dove cominciare?

Corpo

Indubbiamente dal corpo. A meno che non ci siano problematiche organiche, il corpo è perfettamente in grado di regolare l’equilibrio tra dispendio ed introito calorico, se lo ascoltiamo è impossibile che ci faccia ricorrere al cibo più di quanto realmente necessitiamo.

Possiamo iniziare dedicando al pasto la massima attenzione almeno una volta al giorno.

Quindi:

No al multitasking. Se mangiamo mangiamo, fare due attività contemporaneamente (ad esempio lavorare e mangiare) è altamente controproducente. Diversi studi mostrano infatti come questo ci porti a mangiare di più

SI al bis,  almeno le prime volte che si entra nel meccanismo, spesso consideriamo l’atto del “vuotare” il piatto come segnale di sazietà. In realtà può accadere che si  raggiunga la piena soddisfazione molto prima. Il bis ci permette di fermarci e capire se abbiamo ancora bisogno di mangiare

SI al fattore tempo. I segnali di sazietà arrivano dal nostro corpo generalmente dopo 15-20 minuti

Pensieri

Pensieri: qui entra in gioco il tipico pensiero “tutto o nulla”: (se ormai non ho rispettato la regola del singolo cioccolatino che mi ero concessa tanto vale che ne mangi dieci, ). Anche qui è importante fermarsi e trovare il punto di soddisfazione, se uno è poco e dieci sono troppi allora si potrà provare con nove, poi con otto, sette, sei e cosi via, fino a quando non raggiungiamo la quantità con la quale si sentiamo realmente soddisfatti, quindi non pieni e non nauseati. Ricordo che se ci prestiamo attenzione, ci renderemo conto che il gusto generalmente si sazia con poco!

Emozioni

Emozioni: spesso sentiamo il bisogno di iper-reagire all’emozione negativa perché abbiamo difficoltà a tollerarla, il cibo  apparentemente aiuta, perché permette momentaneamente di anestetizzarci da ciò che proviamo, ma poi non dura e in più arriva il senso di colpa per esserci abbuffati.

Per prima cosa non giudichiamo quello che stiamo provando, negare un’emozione, etichettarla come sbagliata, oppure ricorrere all’abbuffata per sedarla, nel lungo periodo provoca un aumenta del nostro livello di disagio. In secondo luogo è importante accettarla, che  non significa subirla passivamente o non voler cambiare la situazione, ma prendere atto che in quel momento l’emozione è presente, ha un inizio, una fine, ma dobbiamo passarci in mezzo.


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